Matteo Marani
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Marani su Tuttosport: "Sarri è andato via intuendo in anticipo gli scenari successivi di Napoli"

26.01.2020
19:30
Redazione

L'editoriale di Mattero Marani su Tuttosport

Ultime calcio Napoli. Di seguito vi proponiamo l'editoriale del direttore Matteo Marani sulle colonne di Tuttosport

Napoli, l'editoriale di Marani

Non lo fischieranno? Credo alla prima ipotesi, ma anche al fatto – come spiegò Sarri alla prima conferenza stampa a Torino – che ogni reazione sarà una dimostrazione di affetto per lui, l'uomo che in tre anni di Napoli accese la piazza come era riuscito a fare solo Maradona. Oggi non sarà una domenica qualunque né per Napoli, né per l’ex comandante Maurizio: saranno passati 626 giorni dall'ultima volta insieme al San Paolo. Tante, troppe cose sono cambiate per le due parti. Per Sarri tutte in meglio: l’esperienza al Chelsea, la vittoria in Europa League a Baku, nella notte dedicata proprio ai vecchi tifosi del Napoli, infine la Juventus, alla guida della quale torna in città due anni dopo da primo in classifica. A essere prosaici, anche la ricchezza è diversa, così come il celeberrimo abbigliamento. Non più la tuta, bensì una maglia a metà tra informale e formale. Per Napoli è invece tutto mutato in peggio. Il Napoli di Gattuso ha 23 punti in meno rispetto ad Ancelotti, che a sua volta aveva 4 punti in meno di Sarri. In due anni, il saldo alla ventesima giornata dice -27, un Napoli dalla classifica dimezzata, dal primo all’undicesimo posto. Anche sul fronte giocatori tutto è un pochino peggio: c’è meno Insigne, c’è meno Mertens, ci sono meno Allan, Koulibaly, Callejon.

La verità è che Sarri fece toccare alla squadra l’apice di un ciclo meraviglioso, iniziato da Reja, proseguito coi successi di Mazzarri, rafforzato sul mercato dalle intuizioni di Rafa Benitez e arrivato fino a lui, il figlio dell’operaio di Bagnoli tifoso del Napoli malgrado l'adolescenza in Toscana. Il calcio che Sarri ha mostrato negli anni azzurri appartiene al ricordo di tutti gli appassionati di calcio, non solo di quelli napoletani. Se succede a tanti tecnici di lasciare una panchina, a nessuno è toccato un divorzio così traumatico. Che come tutti i divorzi presenta risentimenti, rinfacci, scarichi di responsabilità. Fu colpa di Maurizio dare retta alle sirene inglesi o fu colpa di Aurelio de Laurentiis non riuscire a trattenerlo, malgrado lauta proposta di rinnovo? Il presidente girò la pagina dopo le troppe esitazioni del tecnico, compresi gli inchini ai tifosi, affidando la squadra ad Ancelotti, l’unico uomo in grado di gestire un post così complicato. Carletto l’ha fatto bene nella prima parte dello scorso campionato, poi i nodi sono giunti al pettine anche per lui.

Il Napoli ha bisogno di rinnovarsi, forse di rifondarsi, opera che toccherà a Rino Gattuso nei prossimi mesi. Gli scontenti sono troppi, le pendenti vicende giuslavoristiche hanno portato alla luce una tensione che era già latente. Maurizio Sarri ha deciso di andarsene nel momento migliore per lui, due anni fa. Novantuno punti, a meno quattro dalla Juve, col rimpianto per lo scudetto visto volare via nel ritiro di Firenze, davanti alla tv. Quel sabato sera, a San Siro, il suo pupillo Higuain spazzò via le speranze di un nuovo sorpasso sulla Juve, nel testa a testa più bello dell’ultimo decennio. Inutile qui ricordare come e quanto l’allenatore divenne la bandiera ideologica del partito napoletano in contrapposizione a quello juventino. Da qui il senso di tradimento che porterà stasera a fischiarlo. Resta il fatto che Sarri è andato via intuendo in anticipo gli scenari successivi, suoi e della squadra. Davanti a sé non c’era solo il suo processo di normalizzazione, come gli imputano gli amanti indispettiti, c’era la crescita umana e professionale che si porta dietro la vita ogni volta che si cambia. Cambiare non è utile, è necessario.

Fonte : di Matteo Marani per Tuttosport
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