Non è più il San Paolo di una volta: che fine ha fatto il dodicesimo uomo in campo?

22.08.2014
19:20
Lorenzo Sorianiello

"Un bel quadro di lontananza”. Si presenta così il San Paolo, imponente, fatiscente e irriverente. La passione di facciata, raccontata dal “pienone” si scontra con la freddezza pungente dei presenti, spesso poco partecipi a tal punto da sembrare disinteressati. Telefonino e tutti in posa, per poter dire “io c'ero”. Poi si passa il tempo così, vivacchiando, aspettando la giocata che magari non arriva. Si sbuffa, si borbotta dopo pochi istanti. Tutto e subito, l'attesa spazientisce. Un passaggio sbagliato e giù fischi, soprattutto se poi l'errore è commesso da un napoletano. No, a loro non viene perdonato nulla. Vita durissima per chi è nato sul suolo partenopeo, o a due passi dalla città. E la storia recente, fatta di traguardi importanti e di successi (due coppe in bacheca) non fa testo, non serve a mutare un atteggiamento quasi insopportabile. Il mercato, il Presidente che non spende e la squadra che non corre. La prima uscita ufficiale, e di un certo peso, macchiata da quei tifosi che pretendono, esigono il massimo e non concedono attenuanti. Giudici inflessibili, pronti a sentenziare senza ascoltare ragioni e valutare eventuali attenuanti, che pure ci sarebbero. Quei fischi, quel disappunto palesato al termine dei primi quarantacinque minuti contro l'Athletic Bilbao, ha lasciato il segno, portando alla luce un problema “nuovo”, quasi paradossale se si guarda quella cartolina incantevole che si presenta prima del match. Da li il buio, le critiche smodate e poi il silenzio, talvolta imbarazzante. Che succede? Dov'è l'uomo in più che una volta faceva tremare gli avversari? E' scomparso dietro lo schermo delle televisioni che hanno radicalmente cambiato il ruolo del tifoso. Ora, il tifoso, è un tattico, un esperto di comunicazione, un direttore sportivo, un opinionista avvelenato e non più un semplice appassionato di calcio che si reca allo stadio per dare manforte alla squadra. Prende possesso del sediolino, si accomoda e inizia a lamentarsi di qualsiasi cosa, finanche del vicino, come se si trovasse in un condominio, come se stesse assistendo alla partita da casa. Manca la familiarità, il sentirsi uniti per la medesima causa. La tribuna Posillipo fischia, seguono i distinti mentre le curve cantano, a tratti, incapaci oramai di trascinare i più che magari hanno scelto quel settore solo per ragioni economiche, fregandosene di tutto il resto. Salvo poi accendersi nei momenti caldi, quando la squadra, lasciata sola nel momenti più complicati, accenna una reazione. Troppo facile, troppo tardi per riabilitare il “dodicesimo uomo”, eclissato da un calcio che oramai non gli appartiene più.

Fonte : di Dario Marotta per "Il Roma"
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