Se riaprono le attività, perchè non potrebbero farlo anche gli stadi? L'ipocrisia tutta italiana sul calcio

18.05.2020
18:00
Claudio Russo

L'Italia entra in una nuova fase dell'emergenza Coronavirus, e riapre le attività. Dovesse ripartire il calcio in Serie A, perchè non riaprire gli stadi?

“Mi dicono 'non sei uno che viene dal mondo dello sport', per fare il ministro dello Sport non è vincolante essere uno sportivo, non credo che Speranza abbia mai operato qualcuno o la De Micheli condotto un treno”

Le parole del Ministro per lo Sport Vincenzo Spadafora, ormai da mesi prodigo di belle parole per il mondo del calcio, messo sullo stesso piano dei centri danza - pur avendo un giro economico totalmente diverso -, fanno venire in mente quel detto ‘se avessi le ruote sarei una carriola’, ‘se avessi tre palle sarei un...’ continuate voi.

Detto ciò, partiamo da una prima considerazione: a leggere i bilanci delle società di Serie A, il mondo del calcio è certamente gestito male. I soldi per terminare la stagione, quelli delle televisioni, sono fondamentali per garantire le spese già fatturate dai club. Che poi sarebbero gli stessi soldi in grado di garantire un futuro discreto al campionato di Serie A, volano principale di tutto un mondo composto dal sottobosco di magazzinieri e piccole società - che i più anti-ripresa manderebbero volentieri in mezzo ad una via, senza un aiuto che fosse uno stabilito dal Governo.

Seconda considerazione, più breve: aperti i negozi e la maggior parte delle attività, basta scendere in mezzo alla strada - mascherina sul volto, sia chiaro - per notare che la folla c'è, gli assembramenti pure (con buona pace delle forze dell’ordine, numericamente impossibilitate a fermare chiunque).

L’Italia, paese ipocrita per eccellenza, da sempre segue il calcio con morbosità e si è ritrovata - spinta e guidata anche da quel pizzico di populismo legato agli ingaggi dei top player -, in una posizione contraria alla ripresa del campionato. Altri sport hanno interrotto la stagione, quindi per uno spirito di vicinanza anche il calcio - economicamente più ‘forte’ - deve forzatamente chiudere. Ragionamento semplicistico, ma non può non valere anche nell’altra direzione: gli stadi.

Una provocazione: si aprono i negozi, si aprono le attività, i cittadini si rivedono e formano assembramenti. A questo punto, tanto vale che - nel caso il campionato riprendesse davvero - vengano riaperti anche gli stadi. A capienza decisamente ridotta, mantenendo le distanze di sicurezza ed imponendo forti limitazioni agli stessi spostamenti di quelli che avrebbero la fortuna - e la voglia - di assistere ad un’eventuale partita. Se possono riaprire le attività commerciali, gli stadi possono far parte di questa categoria con le dovute regole per imporre il distanziamento sociale? Uno spettatore - preferibilmente un abbonato viste le poche iniziative nei loro riguardi - ogni cinque sediolini? Non potrebbe essere forse un plus a livello sociale? I dati d’ascolto in Bundesliga hanno fatto risultare aumenti medi in tripla cifra, siamo sicuri che in Italia - nazione che fa del calcio in tv una religione - non potrebbe ripetersi la stessa?

Non ci giriamo attorno, basta con l’ipocrisia. La Serie A è prima di tutto soldi ed economia, e poi c’è il valore sportivo: non ne si deve fare una colpa, nonostante la gestione economica dei club faccia acqua da ben più di una parte. E con più di un presidente, visto il quadro generale che si legge tutti i giorni, che a cuore ha prima di tutto l’incasso dell’ultima rata dei diritti televisivi - con i quali proverebbe a far quadrare i conti -, e solo dopo la reale volontà di finire la stagione. La priorità della Serie A è incassare soldi per riparare alla mala gestione, basta metterselo in testa ed accettarlo, che piaccia o meno.

Il ministro per lo Sport faccia il possibile per permettere al calcio di avere la possibilità di ripartire, i presidenti di Serie A mettano da parte (eufemismo) la velleità e la volontà di incassare soldi per ripianare la loro incapacità di mantenere i conti in regola. Se si riuscirà a trovare un punto di incontro, tanto vale che si pensi a riaprire anche gli stadi. Direte voi: Spadafora e tutti i virologi interpellati hanno escluso la possibilità. Va benissimo, ma gli assembramenti in mezzo alla strada sono sotto gli occhi di tutti, inutile dirsi bugie.

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