ESCLUSIVA - Muro: "Quante scommesse perse da Garella sulle punizioni. Maradona mi punì perchè citai Zico e non lui! Voglio rispondere alle critiche ricevute da Carannante..."
di Marco Galiero
Era il Napoli degli anni '80, quello dei tempi d'oro. Quello che gli avversari avevano paura ad affrontarlo perchè in formazione c'era il più forte giocatore di tutti i tempi, Diego Armando Maradona. Ma era anche il Napoli di Giordano, Careca e Ciro Muro: proprio quest'ultimo, che dopo la sua esperienza al Napoli è passato alla Lazio e fino a poco tempo fa ha allenato la Puteolana, ha rilasciato alcune dichiarazioni in esclusiva ai nostri microfoni:
'86-'87, il Napoli vince scudetto e Coppa Italia... - "Un'emozione indescrivibile. Da napoletano, vincere uno scudetto nella propria città è straordinario. Sono cresciuto in quella società, nelle giovanili, poi sono passato in prima squadra. Ho giocato con campioni come Maradona, De Napoli, Bruscolotti. In quella stagione eravamo circa quindici napoletani. Solo a pensarci, mi viene la pelle d'oca. Vincemmo anche la Coppa Italia, eravamo affamati, volevamo prenderci tutto. Eravamo una squadra spietata e in più avevamo il giocatore più forte al mondo. Era una grande squadra, di veri uomini. Lo spogliatoio era unito, compatto".
Quanti ricordi hai di Maradona? "Ci sono tanti episodi che mi legano a Diego. Negli allenamenti, quando calciavamo a Garella, il nostro portiere, io mi mettevo sulla sinistra per calciare col destro e Diego, sulla destra, per calciare di sinistro. Segnavamo sempre e Garelli non ci poteva pensare. Spesso facevamo su quanti gol gli riuscivamo a segnare da calcio piazzato, perdeva sempre e ci portava a cena fuori con le nostre famiglie. Ma, ancora, ricordo che una volta si offese per alcune dichiarazioni che rilasciai in un'intervista. Giocavo a Pisa e feci gol su punizione. Un giornalista del 'Corriere dello Sport' mi chiese a chi avrei voluto somigliare: risposi che mi ispiravo a Zico. Maradona se la legò al dito: la aveva presa come un'offesa. Dopo qualche anno, eravamo in ritiro, me lo fece ricordare. Io cercai di giustificarmi in tutti i modi, ma lui mi invitò l'indomani ad osservarlo in allenamento. Guardai il modo in cui batteva le punizioni e rimasi sbalordito, gli diedi ragione: era lui il più forte. A fine stagione decisi di andar via dal Napoli, lui cercava di convincermi a restare, ma io volevo più spazio. Sul campo era un amico. Se avevi bisogno di un consiglio, ti dava sempre la carica giusta. Dallo spogliatoio non usciva mai niente, se qualcuno faceva tardi la notte, ci si copriva a vicenda. Non dicevamo niente a nessuno, erano cose nostre".
Che tipo era Carmando? "Stava sempre in mezzo a noi, ci faceva ridere. Lui metteva troppo olio sulle gambe quando ci faceva i massaggi, lo prendevamo in giro dicendo: 'dai, facce 'na pizza".
Un napoletano che piange per un gol, cosa significa per Insigne indossare la maglia azzurra? "Il ragazzo ha trascorso 5 mesi terribili. Sta dando l'anima a questa squadra. Sente molto il peso della maglia, è napoletano e sa bene cosa vuol dire avere quella maglia addosso. Lo conosco bene, perchè ho allenato il fratello, Roberto".
Se non ci fosse stato Maradona nel suo Napoli? "Ero un pallino di Allodi, il vecchio direttore sportivo del Napoli. Sapeva che prima o poi Maradona sarebbe andato via e che io sarei diventato la bandiera del Napoli".
Abbiamo letto alcune critiche mosse nei tuoi confronti da Roberto Carannante, attuale allenatore della Puteolana... - "Mi fai un assist spettacolare, colgo al volo l'occasione per rispondere al mister: all'andata abbiamo totalizzato 11 punti. Con una squadra non all'altezza ho raggiunto obiettivi importanti. Ho preso 4-5 giocatori fortissimi e lui li ha avuti a disposizione nella seconda metà della stagione, eppure ha racimolato appena 12 punti finora. Non si è comportato bene criticando il mio operato. Può darsi che, ora, siccome sta per retrocedere, stia cercando di scaricare la colpa su di me".