Luis Alberto, bordate alla Lazio: "Club speciale, ma non per chi ci sta dento! Nessuno esce bene da lì, Sarri il migliore"

19.09.2024
17:40
Redazione

Notizie calcio. Luis Alberto torna a parlare del suo addio alla Lazio, lo fa con una lettera pubblicata da Cronache di Spogliatoio. Lo spagnolo racconta la rottura con la dirigenza: 

Non sarei mai andato via dalla Lazio. Sarei rimasto a vita. E ci ripenso spesso: chissà se nel 2020 avremmo potuto vincere lo Scudetto. Eravamo lì. Poi è arrivato il Covid, è arrivato il lockdown.

Sono stato contento che, almeno mister Inzaghi, alla fine sia riuscito a vincere lo Scudetto. Per noi non era soltanto un allenatore, era come un padre calcistico. Con lui anche chi non giocava era contento. Fa la differenza sotto l’aspetto umano. Vi racconto questa. Inzaghi era alla Lazio da 21 anni. Quando non vincevamo una partita, la mattina successiva era distrutto. Lo vedevi, il calciatore ne rimaneva colpito.

Perché sono andato via? Ditemi uno che è uscito bene dalla Lazio. Fanno così: guardate ora proprio Cataldi… era lì fin da piccolo. È un peccato perché poi vedi altre squadre che si comportano diversamente: almeno ti fanno fare un saluto o una conferenza stampa. Radu, ma anche con Lulic e Milinkovic-Savic, a nessuno di loro è stato concesso. Tutti escono male perché non parlano in faccia, è un peccato. La Lazio è una società speciale, però non per le persone che ci sono dentro. Con Tare ho litigato mille volte, ma sapevamo che eravamo due persone giuste e trovavamo la ragione. Dopo quel periodo è finito tutto. Quella è stata la differenza, anche quando è andato via Sarri, era finito il ciclo. Avevo appena rinnovato, per me l’idea era restare a vita. Non mi andava però di rimanere in un posto in cui non vedevo niente di pulito. Non sono mai stato zitto. 

La fine definitiva è stata la partenza di Sarri. Aveva un carattere particolare. Io pure. Io volevo andare al Cadice in prestito perché non ero contento. Torno dopo 10 giorni in Spagna, era durante la sosta per il Mondiale. Volevo andare al Cadice, mi allenavo come un matto. Lui lo nota e io gli dico: ‘Voglio andare al Cadice’, al mio paese. Mi risponde: ‘No, non vai da nessuna parte. Se ti alleni così, giochi ovunque con me. Ho capito il tuo carattere’. Mi dice così e io gli ho dato fiducia. Ho iniziato a giocare. Gli ho detto dell’offerta dal Qatar, mi ha detto che avrei dovuto rinnovare. Parlavamo tutti i giorni. Mi dicevano che parlavo tanto dentro al campo, ma cercavo di aiutare il mister dentro al campo. Quando è andato via, mi è dispiaciuto. Tatticamente il migliore che ho avuto.

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