Prandelli sull'immigrazione e la strage di questi giorni: "Dov'è finita l'umanità?"

03.09.2015
17:30
Redazione

ROMA - La foto del bimbo di tre anni che giace senza vita sulla spiagga turca di Bodrum, con la faccia sulla sabbia lascia senza fiato, senza parole. Aylan, così si chiamava, cercava di scappare con la famiglia dalla sua terra, la Siria, devastata dalla guerra. Ora è destinato ad entrare nella storia degli orrori dell'umanità, con l'immagine commovente del suo corpicino morto sulla spiaggia che fa capire più di mille parole quanto sia grande il dramma dell'immigrazione. Una foto che però scatena anche il dibattito e le polemiche tra chi è convinto che sia giusto mostrarla e chi invece ritiene sia meglio non far vedere certe immagini.

PRANDELLI: «UN PUGNO NELLO STOMACO» - L'ha vista anche Cesare Prandelli e gli ha trasmesso una grande tristezza. Lui in Turchia ci ha vissuto, quando ha allenato il Galatasaray, ma poteva essere qualsiasi spiaggia del mondo, e la senzazione sarebbe stata la stessa. «L'ho vista quella foto - racconta l'ex ct della Nazionale - e posso dire che da papà ti colpisce, ti fa male ancora di più, ti colpisce come un pugno nello stomaco. Non lo so se sia giusto farla vedere o no: se lo scopo è quello di sensibilizzare l'opinione pubblica, di far scattare una molla per poi poter fare qualcosa allora dico che è giusto. La mia sensazione nel guardarla è stata di disagio, mi sono domandato: "Ma dove stiamo andando? L'umanità dove è finita?". Questa foto può risvegliare i pensieri, le emozioni, le riflessioni, può far sì che l'opinione pubblica rifletta ancora di più su questo dramma».

IL RUOLO DELLO SPORT - Cosa può fare lo sport per sensibilizzare l'opinione pubblica sul tema dell'immigrazione? «Lo sport può fare tanto perché nasce per unire. In ogni disciplina si confrontano o giocano nella stessa squadra persone di tutte le nazionalità. Per questo lo sport dovrebbe essere un esempio di integrazione».

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