Schwoch: "Ceduto al Toro mentre ero in RAI: litigai per una frase. Corbelli e Ferlaino mi tradirono, ecco tutta la verità" | ESCLUSIVA

05.05.2022
21:00
Bruno Galvan

Ultimissime Napoli, Stefan Schwoch racconta in esclusiva a CalcioNapoli24 il suo trasferimento dal Napoli al Torino con curiosità ed aneddoti.

Cosa sarebbe successo se Stefan Schwoch fosse rimasto nel Napoli? Dopo oltre 20 anni il dubbio resta soprattutto nello zoccolo duro del tifo napoletano che ancora oggi ricorda con affetto l'attaccante che, con i suoi gol, portò il club in serie A nella stagione 1999/2000 quando sulla panchina c'era seduto Walter Novellino. L'addio clamoroso a fine anno è ancora oggi una ferita nel cuore di Stefan (andò al Torino) che ha raccontato in esclusiva ai nostri microfoni come avvenne quel cosiddetto fulmine a ciel sereno.

Stefan Schwoch

Trattativa Napoli Torino: intervista Schwoch a CalcioNapoli24

Come nacque l'idea Napoli? 

"Ci fu una richiesta da parte degli azzurri, mi chiamò in sede Zamparini per dirmi che mi stavano vendendo. Non ero mai andato così lontano da casa ma l'idea Napoli mi stuzzicava. Così fecero tutto le società nei dettagli. Quando salì Grillo, all'epoca direttore sportivo del club partenopeo, ci misi un attimo a firmare tutte le carte. Così il 30 dicembre scesi a Napoli".

Come reagì la tua famiglia a questo trasferimento visto che non eravate mai stati al Sud?

"C'era il dispiacere di lasciare la serie A che mi ero conquistato con tanto sacrificio negli anni. Al contempo avevamo però la consapevolezza di andare in una città importante. La mia famiglia inizialmente non voleva scendere a Napoli, ma per me vestire quella maglia e vivere quella realtà rappresentava qualcosa di unico. Non so quante volte mi sarebbe più ricapitato in carriera di giocare in uno stadio come il San Paolo. Tanto è vero che dissi ai miei familiari: "Io vado lì, poi vediamo". Ricordo come fosse ieri che partimmo dal Nord  la mattina del 31 dicembre, faceva un freddo assurdo. Poco dopo mi ritrovai in terrazza, a maniche corte, a Napoli a pranzare all'hotel Continental. Una roba incredibile (ride ndr)".

Al di là del clima, cosa ti colpì della città?

"Mi colpì la bellezza della città, l'affetto e la passione della gente per strada. Poi il fatto di potermi allenare al Centro Paradiso dove c'era stato Diego era un'emozione quotidiana per chi come me aveva vissuto da sportivo quell'epoca. Tra l'altro, nell'anno e mezzo di Napoli, mi diedero come stanza proprio quella di Maradona. Ti lascio immaginare cosa provavo ogni volta che entravo. Non vedevo l'ora di giocare con la maglia del Napoli".

Come ti venne in mente quel tacco su Carrera e Siviglia in quel Napoli-Atalanta dove hai dato poi l'assist vincente a Stellone?

"Era l'unico punto dove potevo uscire con il pallone. Fu la prima idea che ebbi in mente, fortunatamente mi andò bene. Anzi, più che bene perché poi feci fare gol a Stellone. Al di là del gesto tecnico fu importante in quanto non fu un numero fine a sè stesso, portò a qualcosa di concreto per la squadra".

Se ti dico Pistoiese-Napoli cosa mi rispondi?

"Tanta gioia all'inizio ma poi anche tanta paura perché avevamo il timore si potesse sospendere la gara per quella invasione di campo. Devo fare i complimenti all'arbitro Cesari perché dimostrò personalità e calma nel saper gestire una situazione assai complicata dove praticamente fummo invasi e denudati dai tifosi che non vedevano l'ora di festeggiare. L'arbitro fu bravo nel mandare fuori quella carovana di persone portando a termine la gara. Al fischio finale non capimmo più niente".  

Arriva la promozione in A, a quei tempi c'era il duo Ferlaino-Corbelli. E' vero che ti dissero che saresti rimasto salvo poi ritrovarti ceduto dopo pochi giorni?

"Avevo ancora un anno di contratto però mi sembrava strano non mi avessero ancora proposto il rinnovo perché avevo fatto davvero bene. Loro però mi garantirono che non mi avrebbero ceduto. Passa una settimana, torno a casa, quando mi chiama il mio procuratore dicendomi che mi avevano venduto al Torino. Con il senno di poi penso che nemmeno il Napoli si aspettare un'offerta di 11 miliardi per un 31enne, da qui secondo me il dietrofront sulla mia posizione. Era una somma che faceva comodo".

Quale fu la tua reazione alla notizia che dovevi lasciare Napoli?

"Pensai ad uno scherzo del mio procuratore perché io e la mia famiglia ci eravamo ambientati benissimo lì e non avevamo proprio in mente di andarcene. Quando il mio agente mi ribadì che non stava scherzando, ebbi un dispiacere enorme. Stavo andando in una trasmissione in RAI ma l'amarezza di lasciare Napoli mi invase del tutto. Per mia indole non sono mai stato uno che ha messo il bastone tra le ruote in ogni società dove sono stato. Anche con il Napoli presi atto della cosa, fu un grande dolore però capii che alla fine se uno pensa di venderti è perché non ti ritiene più importante. Alla fine scelsi di togliere il disturbo".

Ti sei sentito tradito da qualcuno in questa storia?

"Sicuramente dalla società. Con il passare degli anni però ho capito anche certe dinamiche di mercato avendo fatto anche il dirigente. Sono cose che possono succedere"

Vai al Torino e subito vieni criticato per questa frase: "Il mio cuore e la mia testa sono ancora a Napoli. A Torino ci sono con il corpo, e forse neanche del tutto". Eri ancora napoletano a tutti gli effetti...

"Al Torino ho vinto, ma ho sempre detto che il mio cuore era lì. Quella frase mi creò molti problemi con la società ed il presidente granata. Dopo ho spiegato e soprattutto risposto sul campo con i gol dando tutto da professionista a quella maglia gloriosa"

Leggendo le cronache di quei tempi c'è questa tua frase: "Pur di tornare a Napoli, sarei disposto a rinunciare anche a mezzo miliardo di ingaggio". La confermi oppure è una fake news?

"La confermo, ci avrei rimesso dei soldi ma ormai la cosa era fatta. Avrei rinunciato ad una cifra importante che mi offrì il Torino pur di restare qui ma la speranza era minima per i motivi che ho detto prima"

Poteva esserci uno Schwoch bis a Napoli quando eri al Vicenza

"Assolutamente sì. Anzi, posso dire che avevo raggiunto un accordo su tutto con la società azzurra. Il Vicenza aveva dato il via libera alla mia cessione, aveva bisogno di monetizzare. Non arrivai perché in quel momento ebbi un grande problema familiare e non potevo lasciare i miei figli troppo lontani. Mi è dispiaciuto molto, ma in quel caso ho dovuto pensare ai miei affetti".

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