Ancelotti è l'Uomo della Domenica: SKY racconta Carlo, dalla famiglia contadina al successo planetario

16.09.2018
13:00
Redazione

C'è una virtù di Ancelotti attorno alla quale sono tutti d'accordo, Carlo è un uomo, un allenatore che ascolta,

C'è una virtù di Ancelotti attorno alla quale sono tutti d'accordo, Carlo è un uomo, un allenatore che ascolta, sempre. E le persone che sanno come si ascolta - a garantirlo è Sir Alex Ferguson - capiscono un mucchio di cose. Così ha conquistato l'Europa, la stima e il rispetto di un continente. Giorgio Porrà racconta Carlo Ancelotti a Sky, nella sua rubrica "L'uomo della Domenica"

Carlo ha l'aura calma di chi vince, tutto, con la modalità ascolto sempre attiva. Per imparare, migliorarsi, non stare mai fermo. La stessa con la quale ha sposato Napoli, ascoltando il cuore, il respiro popolare, il desiderio collettivo di accoppiare estetica e risultato. E la sua, comunque vada, è storia destinata a segnare la storia del calcio italiano.

Ibra: "Carlo, il migliore"

"Ancelotti è il migliore – ha detto Zlatan Ibrahimovic - io ho lavorato con il migliore in assoluto, lo ripeto sempre. Mourinho sa come si tratta un calciatore, ma Carlo sa come si tratta una persona. Ha la sensibilità per capire chiunque". E' nella bassa emiliana, nella campagna di Reggiolo, che affondano le radici di Ancelotti, le stesse radici di Giovannino Guareschi, il creatore della saga di Peppone e Don Camillo, metafora pungente del conflitto sociale, politico dei primi decenni dell'Italia repubblicana, con gli scontri di classe anche attorno al pallone, Guareschi che resta lo scrittore italiano più tradotto al mondo.

Carlo, l'Emilia e la famiglia

Contadina era la famiglia di Ancelotti, unita, operosa, con una piccola fattoria, un minuscolo vigneto, dieci mucche, il parmigiano come principale fonte di guadagno. "Sei ricco quando non sai quanto denaro hai sul conto - filosofeggia oggi Ancelotti -, beh, mio padre conosceva quella cifra al centesimo". Niente svaghi, vacanze, giusto qualche gita nei dintorni del paese. Insomma, le figure giuste, l'ambiente ideale per allargare le spalle, la mente, per capire che senza un'etica del lavoro, senza sano ottimismo, non si va da nessuna parte. "Non avevamo una lira - racconta spesso - ma si rideva moltissimo".

La centralità della famiglia è il valore trapiantato da Carlo in ogni sua avventura professionale, anche nelle grandi società-azienda. Se prendi Ancelotti non puoi non sapere che proverà, riuscendoci, a strutturare il tuo club milionario come quella fattoria della sua infanzia, nello spirito, nelle dinamiche di gruppo, nel pieno rispetto delle gerarchie.

In questo modo, dalla campagna emiliana Ancelotti ha scalato il mondo, vincendo da allenatore tre Champions, due col Milan, la ‘decima’ col Real, è stato il primo italiano a prendersi la Premier, il titolo a Parigi dopo quasi vent'anni, scegliendo di guardarlo, di filtrarlo, quel mondo, da angolazioni sempre diverse, per non blindarsi nelle proprie certezze, per abbracciare il pensiero laterale. Quale allenatore, se non Ancelotti, poteva pensare – come uomo - di investire in un'azienda che brevetta e produce un nuovo tipo di valvola cardiaca?

Il culto di se stesso lo lascia ad altri, per indole, per strategica convenienza, perchè il suo motto non è mai cambiato: “No players, no game”, senza giocatori non può esserci il calcio. Nelle sue mani sono passati Zidane e Del Piero, Maldini e Shevchenko, Terry e Drogba, Modric e Robben, Ronaldo ed Ibrahimovic. Sono loro, i fuoriclasse, che bisogna tutelare e poi occorre gestire le aspettative dei pieni alti, in una sorta di moderno, virtuoso aziendalismo, che, stando ai risultati centrati sinora, sembrerebbe davvero il miglior metodo possibile.

Ancelotti è "L'uomo della domenica"

Nella prima puntata stagionale di “L’uomo della domenica” le virtù umane e professionali di Carlo Ancelotti sono testimoniate e commentate da una serie di voci eterogenee. Voci dell’ambiente, come i giocatori da lui allenati – Ambrosini e Del Piero – che lo descrivono come un padre e un mentore. Ma anche voci della cultura e della tifoseria-artistica napoletana, il nuovo, difficile ambiente calcistico-cittadino dove Carlo Ancelotti ha portato il suo verbo e dove naturalmente ha subito creato enormi aspettative. Lo scrittore Maurizio De Giovanni (padre del commissario Ricciardi) avverte che “La rivoluzione di Sarri deve ancora forse portare tutti i suoi frutti”, ma il drammaturgo Mimmo Borrelli (che ha portato in teatro Roberto Saviano in “Sanghenapule”) ricorda che “Sarri è figlio di Ancelotti, il quale a sua volta è figlio di Liedholm”, genealogia completata dallo stesso Giorgio Porrà che accomuna Sarri e Ancelotti come “due figli di Arrigo Sacchi”. L’attrice Cristina Donadio (interprete di Scianel in “Gomorra La Serie”) apprezza “la grande solarità che Ancelotti ha portato a Napoli, dopo un periodo di cupezza, una solarità emiliana che si sintonizza perfettamente con quella tipica partenopea”, che l’attore Patrizio Rispo (volto di “Un posto al sole”), ritiene legata all’approccio di Ancelotti con la città, subito fraterno e sensuale, sedotto dai sapori, dagli umori di una città unica al mondo. E mentre qualcuno si aspetta da lui il classico “miracolo” napoletano, vaticinato pure da Totò, perfino il Cardinale Sepe saluta l’arrivo di Ancelotti come “Un mister che è il meglio del meglio del calcio nel mondo.

Fonte : Sky Sport
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