
Hamsik: “La mia storia con Napoli iniziò in Giamaica. Allegri mi ha risposto così dopo il no a Milan e Juve. Cosa penso degli episodi di Pechino e dello scudetto perso in albergo. Mertens? Mi ha sorpreso” | ESCLUSIVA
Marek Hamsik ha parlato in esclusiva ai microfoni di CalcioNapoli24 raccontando tutta la sua carriera calcistica e non solo
Ultime SSC Napoli - Punto 17, MarekHamsikdà l'addio al calcio giocato. La partita si terrà il giorno 5 luglio alle ore 19 a Bratislava in Slovacchia allo stadio Tehelne Pole, CalcioNapoli24 la trasmetterà in esclusiva per l'Italia attraverso tutte le proprie piattaforme: sito web, social, Youtube e sul canale 79 del digitale terrestre su Napoli e Caserta.
Marek Hamsik, in esclusiva ai nostri microfoni, ha raccontato quasi 20 anni di carriera svelando aneddoti inediti e tante curiosità. Un lungo viaggio partito da Banska Bystrica che oggi volge al termine per quanto riguarda il calcio giocato. Dal rettangolo verde passando ai sacrifici di papà Richard e mamma Renata. Poi lo Slovan, il Brescia e l’epopea Napoli. L’ex capitano azzurro ha parlato di tutto questo in esclusiva a CalcioNapoli24.
Intervista esclusiva Marek Hamsik a CalcioNapoli24
In questa prima foto c’è tua sorella e sullo sfondo si vede l’automobile di papà Richard. Raccontaci quando tuo padre decise di vendersi l’autovettura per puntare tutto sul tuo sogno di diventare calciatore
“In questa foto c’è mia sorella, che poi ha sposato un mio compagno di squadra, Walter Gargano. Hanno tre splendidi figli. Quella macchina è diventata famosa, ma anzitutto è stato un bel gesto da parte della mia famiglia. A 14 anni ho lasciato la squadra in cui sono cresciuto per andare allo Slovan Bratislava che all’epoca era in crisi finanziaria. Mio padre dovette dare dei soldi per farmi prendere. Hanno fatto questo grande sacrificio credendo in me, nel mio talento e nell’uomo. Menomale è andato tutto a buon fine”
Nella tua famiglia il calcio è stato sempre al centro di tutto. Tuo padre Richard giocava anche lui in Slovacchia: è vero che appena sei nato, mamma Renata appese delle scarpette da calcio alla tua culla?
“Le scarpette le comprò mio nonno in Ungheria, le possiedo ancora nello stanzino dei ricordi della mia carriera. Ero predestinato, ma alla fine è prevalso il mio amore verso il calcio. Ho iniziato a calciare il pallone praticamente da piccolissimo”
Raccontaci l’emozione del primo trasferimento allo Slovan
“Papà diceva che all’età di 14 anni dovevo fare il salto di qualità. Il talento c’era, ma la grandezza della squadra della mia città era ormai in calo. Abbiamo voluto fare il grande salto andando in un club storico della Slovacchia. Allo Slovan ho fatto due anni splendidi in cui bho vinto dei campionati U-15,U-16 e U-17”
Chi è stato l’allenatore che ha più inciso nella tua crescita a Bratislava?
“Igor Bobik è stato colui che mi ha voluto in squadra. Per due anni mi ha allenato, mi ha aiutato a vivere da solo a Bratislava. Mi ha dato una grande mano”

L’esordio in prima squadra con lo Slovan: aneddoti e la reazione della tua famiglia
“Feci l’esordio in prima squadra quando nemmeno avevo 18 anni in serie B slovacca. Giocare a quella età in una prima squadra è stato fondamentale. Ricordo che finì in un pareggio la mia prima gara, ma lo Slovan era molto seguito dai tifosi sia in casa che fuori”
Arrivi in Italia che avevi 17 anni. Il Brescia approfittò del fatto che la Slovacchia stava per diventare un Paese dell’UE e ti prese come calciatore comunitario. Maurizio Micheli ti vide nelle gare di qualificazione con la Nazionale di categoria nel 2003
“Fu Micheli, come hai detto, a scoprirmi. Con lui ho ancora un bellissimo rapporto, fa parte ancora di questo grandissimo Napoli. Fu bravo lo scouting del Brescia. Lui venne a vedere due mie gare nell’U-16 dove feci tre gol in due partite facendo peraltro molto bene. Ci fu poi la richiesta del Brescia, ero contento come un bambino perché si aprivano le porte di un sogno. Per un giovane andare all’estero, in un Paese come l’Italia, era un’occasione troppo grande. Non ci ho pensato due volte. Il mio agente era Venglos, il quale mi ha accompagnato per tutta la mia vita calcistica, fece il trasferimento. Fu un grande salto per la mia carriera, fu il primo step ma importante”
Come reagirono i tuoi genitori alla notizia che dovevi trasferirti all’estero? Erano preoccupati?
“Non erano preoccupati quando a 14 anni mi mandarono a Bratislava e non ci furono preoccupazioni nemmeno quando furono informati dell’Italia e di Brescia. Faceva parte del sogno mio ed anche loro che volevano che il figlio potesse iniziare a fare carriera. Non fu un problema per loro e neanche per me: volevo quella strada”
Avevi 7 anni quando ti mettevi davanti alla televisione per vedere il Mondiale in U.S.A. ed ammirare il palleggio del Brasile. Si dice che accettasti Brescia anche per un certo Roberto Baggio
“Ero amante del calcio, in particolare di statistiche. Ricordo benissimo U.S.A ’94 così come la bellissima finale tra Italia e Brasile finita, purtroppo male, per gli azzurri ai calci di rigore. Diventai tifoso del Brasile in tutti i Mondiali successivi per la fantasia che avevano i loro calciatori. Sapevo la storia di Roberto Baggio, avevo una cartolina con un suo autografo che mi regalò Maurizio (Micheli). Purtroppo Roberto ha smesso di giocare quando arrivai a Brescia. Quella cartolina ce l’ho accanto alle scarpette che ho ricordato prima”
Quando arrivasti al centro sportivo San Filippo con i tuoi genitori, si racconta che fu decisiva la domanda di mamma Renata: “Marek, vuoi davvero restare qui?”
“A Brescia ospitarono me e la mia famiglia per farci vedere le strutture d’allenamento, lo stadio, gli alloggi. Anche se Brescia, faccio un esempio, non avesse avuto strutture o uno stadio all’altezza, in quel momento avremmo deciso lo stesso di trasferirci. L’obiettivo dei miei genitori era quello di farmi provare ad entrare nel calcio pur sapendo che ci sarebbero state difficoltà in una Paese diverso. Sia io che loro eravamo convinti di questa scelta”
Quanto sono stati importanti per te il compianto Gino Corioni e tutta la sua famiglia?
“Il Brescia mi ha trattato benissimo in tre anni. Dopo un paio di mesi in Primavera mi misero subito in prima squadra. Ne sono grato e mi è servito molto per diventare calciatore. Potersi allenare dei calciatori come Di Biagio, Caracciolo, Milanetto è stato utile. Vedevano in me una qualità, un talento in me grande. Dopo due anni, mi rinnovarono contratto aumentandomi lo stipendio. In me vedevano qualità e la possibilità di fare cassa dalla mia vendita in futuro”

Nel 2004 fai il tuo esordio in A contro il Chievo prendendo il posto di Milanetto
“Non me lo scorderò mai quel momento. Fu un sogno per me giocare 20 minuti in un campionato top come quello italiano. In quel periodo, il Brescia doveva però salvarsi e capii che l’allenatore non poteva darmi più spazio in quel momento. Ricorderò per sempre quella giornata anche se poi ci fu la retrocessione. Ragionando su questo, la retrocessione fu un bene per me perché poi trovai più utilizzo nella stagione successiva”
Eri in spiaggia in Giamaica insieme al tuo compagno di squadra Viviano quando ti arriva la telefonata che ti annuncia la cessione al Napoli
“Ricordo la telefonata del mio agente, ero in vacanza in Giamaica. Lui mi disse dell’offerta e che c’era anche l’Inter oltre al Napoli. La proposta degli azzurri era molto più alta rispetto a quella interista e mi chiese se fossi interessato a questo trasferimento. Sapevo che il Napoli era stato promosso in A, non ci ho pensato su due volte ma dico la verità: non conoscevo bene la storia del club partenopeo”
Ironia della sorte, segnasti proprio con la maglia del Brescia al San Paolo
“Perdemmo 3-1 e feci gol al Napoli che stava provando ad essere promosso in A. Penso sia stato anche quella rete a mettermi ancora di più in mostra per Napoli in un’eventuale trasferimento ed alla fine è andata così”
Ci racconti la sfida infinita di calci di rigore proprio al Brescia che ti vide protagonista con Viviano ed Agliardi
“Eravamo in ritiro, il mister voleva scegliere i rigoristi in stagione. Non ricordo chi ci fosse con me a tirare, ma segnai più di 30 rigori consecutivi. Mi scelse come rigorista dell’annata segnando 8-9 rigori su 10 in B”
La foto con te e Lavezzi nel giorno della presentazione a Castel Volturno è storia. Cosa hai pensato vedendo anche il clima di contestazione che c’era all’epoca ed anche il look del Pocho?
“Non presi la contestazione come rivolta a me, penso era nei confronti della società. Mi piaceva però ci fossero mille persone per vedere quella conferenza stampa. Quel numero di persone, le contavo la domenica nello stadio del Brescia. Da lì ho capito che ero in una piazza diversa, con tanta passione verso la squadra. Non conoscevo bene Lavezzi, ma questa foto rimarrà nel cuore dei tifosi del Napoli che non credevano in noi ma poi siamo diventati entrambi dei calciatori simbolo del club”
Ma è vero che volevi il numero 7 del Napoli ma poi fu Lavezzi a prenderlo per cui optasti per il 17 che nella smorfia napoletana non ha un significato proprio positivo?
“Non è proprio così la storia del numero di maglia. Quando arrivai a Napoli, il 17 era di Capparella. A Brescia giocavo con quel numero, ma essendo occupato, inizialmente scelsi il 27. Poi, non ricordo bene il perché, Marco decise di cambiare il numero con il mio. Non sapevo, neanche mi importava, del significato che aveva il 17 per la smorfia napoletana. Non ho mai creduto a queste cose. Alla fine quel numero mi ha portato bene sia a Brescia che a Napoli”

Come nasce l’idea di avere la cresta?
“Questo look, lo aveva già da giovanissimo allo Slovan anche se non era così evidente come nel periodo napoletano. Con il tempo è diventata una cresta più aggressiva, più punk, ma è diventata poi parte di me. Quando si parla di Hamsik, oggi la prima cosa che ti viene in mente è il look dei miei capelli. Come mi ha portato bene il 17, mi ha portato bene la cresta; su questo ci credevo davvero tantissimo. Si è trattato di un look penso iconico per la mia carriera ed anche per i tifosi del Napoli ed in generale nel calcio mondiale. Il 99% delle volte, quando ti dicono Hamsik, ti rispondono che è quello con la cresta”
Perché, a differenza di molti tuoi compagni di squadra, hai sempre scelto di vivere in zona Castel Volturno e non a Napoli?
“Per prima cosa perché volevo stare vicino al centro sportivo restando concentrato sul calcio. Dopo il primo anno che ho scelto di vivere lì, ho conosciuto degli amici. L’amicizia con loro è diventata sempre più importante, per questo poi decisi di stabilirmi lì definitivamente. A Castel Volturno ho ancora casa, è un posto speciale per me in quanto ho trovato delle amicizie vere che ancora oggi ho”
Cosa ha rappresentato per te Edy Reja?
“Mi ha lanciato nel grande calcio perché al primo anno di Napoli ero uno sconosciuto sia per lui che per i tifosi. Nella prima mia stagione in azzurro ho dimostrato a mister, al Napoli e dalla piazza che volevo fare grandi cose con questa maglia. Posso solo ringraziarlo per avermi dato questa possibilità”
Il primo gol con maglia Napoli fu in Coppa Italia contro il Cesena al San Paolo. L’esultanza sotto la Curva come a dire lo dedico a voi napoletani
“Già le prime amichevoli al San Paolo furono incredibili per me. Giocare davanti a 30-40mila persone è stata una sorpresa per me. Non avevo mai provato tutto questo, mi fecero capire quanta passione i tifosi avessero nei confronti della squadra. Volevo regalare loro il primo gol, ci stava che lo regalassi”
Primo gol in campionato, sempre al San Paolo, contro la Samp. Ma è vero che dedicasti quel gol alla tua Martina? Si dice che in quella occasione decidesti che sarebbe poi diventata la donna della tua vita
“Quel gol credo sia uno dei più belli che ho segnato con la maglia del Napoli. Fu una bella azione sotto tutti i punti di vista con Lavezzi che me la dà di petto dopo un passaggio di Zalayeta o viceversa. Fu un gol bello per la preparazione ma anche per tecnica. Fu emozionante segnare primo gol così bello in A. Lo dedicai alla mia compagna che è l’amore della mia vita. Noi ci conoscevamo dall’età di 13-14 anni ma ci siamo messi insieme poi a 20”.

Con Mazzarri hai avuto la definitiva consacrazione. Lui scrisse che avrebbe voluto 11 Hamsik
“Con lui sono stati anni speciali perché siamo riusciti a qualificarci per la prima volta in Champions arrivando secondo in campionato. Abbiamo fatto annate importanti di squadra ma anche sotto il profilo personale segnando molti gol. Con il mister mi trovavo bene, mi dava libertà di attaccare tanto. Mi sono goduto quegli anni, con lui ho avuto davvero un rapporto speciale. Sul fatto che volesse 11 Hamsik posso solo dire grazie. Mi voleva anche all’Inter, ma per me è stato sempre difficile cambiare squadra. Alla fine non l’ho fatto”
L’immagine della tua esultanza al gol del 2-3 a Torino con la Juve è un altro scatto che resterà nella mente dei tifosi napoletani
“Andai ad abbracciare mio padre dopo il gol, sapevo dove era seduto allo stadio. Andai a correre verso di lui e ci abbracciammo. Fu un gol speciale, una vittoria speciale contro una rivale storica che non accadeva da anni. Me la sono goduta pienamente. Mentre correvo dopo il gol ho detto tante parolacce in slovacco (ride ndr). Era tutta euforia”
L’emozione che avete avuto con Mazzarri nel raggiungere la prima storica qualificazione in Champions
“Era un grandissimo traguardo all’epoca. Non scorderò mai la prima gara in Champions al San Paolo con l’urlo “The Champions” diventato poi qualcosa di storico. A me, quel coro, mi fece venire la pelle d’oca quando l’ho sentito per la prima volta. Me lo sono poi goduto negli anni successivi”
Nel 2012 arriva il primo trofeo dell’era De Laurentiis con la vittoria della Coppa Italia. Decisivo il tuo gol nel secondo tempo
“La sensazione era quella di aver chiuso la partita con quella rete a pochi minuti dal novantesimo. Abbiamo fatto qualcosa di straordinario, una Coppa che mancava da tanti anni in città. Ricordo il ritorno a Napoli con tante persone che ci aspettarono per festeggiare. Facemmo festa per tutta la notte, tornai alle 8 di mattina a casa”.
Che effetto ti fa sapere che, dopo la MaGiCa, nei cuori dei tifosi c’è il tridente Cavani, Lavezzi e Hamsik?
“Il nostro è diventato un trio storico per questa società. Posso solo essere fiero ed orgoglioso di aver fatto parte di questo tridente anche perché Edinson e Pocho hanno fatto carriere molto importanti, sono stati campioni fuori dal comune. Sono due calciatori ai quali mi ispiro per fantasia e professionalità. Sarei curioso di sapere dai tifosi quale tridente ricordano dopo di noi. Sono orgoglioso di aver fatto parte di questa storia”
Arriva l’esordio storico del Napoli in Champions League. Si gioca in casa di una corazzata come il Man City. Raccontaci le tue emozioni
“In quella edizione facemmo delle cose importanti. La nostra forza era il San Paolo, mettevamo in difficoltà qualsiasi avversario, tra questi c’era anche il Man City. Erano quelle gare che sognavi da bambino, il sogno poi è diventato realtà. Potersi confrontare con queste squadre insieme ai nostri tifosi è stato davvero speciale”
Il tuo primo gol in Champions arriva con il Villarreal al San Paolo, ma nella gara di ritorno al Madrigal accade qualcosa di particolare. In pratica segni e ti ritrovi addosso i tifosi del Napoli in quanto venne meno una sorta di balaustra del settore ospiti
“Devo dire che non mi è mai più capitato in carriera una cosa del genere (ride). Devo dire però che quello fu anche un gol molto importante, c’era tanta emozione da parte dei nostri tifosi che esultando spaccarono una barriera proprio dello stadio. Per fortuna nessuno si fece male, ma sono episodi che ti restano nella mente. Segnare in Champions era quello che sognavo da bambino”

Se ti dico in quella Champions League di Chelsea-Napoli quanti rimpianti hai ancora?
“Fu davvero un peccato. All’andata dominammo, doveva finire 4-1 per noi. Dopo loro cambiarono mister ed alla fine ci eliminarono e vinsero pure la Champions. Fu annata incredibile per loro sotto questo punto di vista, dispiace perché non riuscimmo a mantenere il vantaggio conquistato in casa”.
Su Starace non c’è una domanda particolare. Ti lasciamo libero di raccontare il tuo ricordo
“Tommaso è un’icona, unica persona che ha vinto quattro scudetti con il Napoli. Parliamo di un personaggio straordinario, sempre sorridente e positivo. Il suo caffè era abitudine per me. Gli voglio davvero bene”
Allegri ti voleva al Milan e poi anche alla Juve: perché non sei andato? Ne hai mai parlato con Max ricordando questa possibilità?
“La settimana scorsa lui è venuto qui a Coverciano a farci una lezione. Quando è entrato nella sala, mi vede, mi indica e dice: “Hamsik, sei tu che non sei voluto venire con me due volte! Quindi bocciato!”. Ovviamente scherzava, so però che mi stimava e mi voleva prima al Milan e poi alla Juve. Non sono andato perché in primis non me la sono sentita e poi perché c’ho pensato due volte sul fatto di non voler cambiare maglia ed è finita là. Posso solo ringraziare il mister che mi ha sempre voluto in due squadre molto importanti però quella maglia azzurra me la sentivo addosso e non la volevo cambiare”
C’è stato un tuo compagno di squadra, Gonzalo Higuain, che invece scelse di andare alla Juve anche se, qualche giorno fa, Tommaso Starace in un’intervista ha rivelato che l’argentino non voleva andarci anche se l’offerta era irrinunciabile. Senza giudicare le scelte di nessuno, come prendesti la notizia della sua cessione ai bianconeri?
“Come hai detto tu, non giudicherò mai, sono scelte professionali condivise con la società che fece quasi 100 milioni di euro. Nel mondo del calcio, cose del genere sono normali. Sono cose personali, penso che anche lui sapesse della rivalità tra Napoli e Juve. Lui alla fine ha vinto gli scudetti, io che sono rimasto non li ho vinti. Io non ho rimpianti su questo e credo neanche Gonzalo li abbia”
Che Presidente è stato con te De Laurentiis
“Con lui ho sempre avuto rapporti buoni, aperti e senza problemi. E’ stato sempre quello che quando dovevo rinnovare non ha fatto mai problemi. Già che ho rinnovato 5 volte in 12 anni è significativo da parte sua perché credeva in me come uomo e calciatore. Posso solo ringraziarlo. E’ un grande Presidente, uno moderno che ha creato un Napoli forte e vincente. Posso solo fargli applausi”
Arriviamo alla Supecoppa di Pechino. C’è Mazzoleni che estrae il cartellino rosso a Pandev. Il Napoli perse la gara e non partecipò alla premiazione
“Non partecipammo alla premiazione per scelta della società ma anche per scelta nostra. La squadra non era contenta dell’arbitraggio che ci fu durante la gara. Credo nella buona fede, ci crederò sempre nello sport pulito. Purtroppo si devono accettare certe cose”

Sulla panchina del Napoli arriva poi Rafa Benitez: il tuo rapporto con lo spagnolo che gettò le basi per una squadra internazionale
“Con il suo arrivo in panchina vennero tanti nomi importanti come Gonzalo, José, Albiol, Reina. Il mister è stato colui che ha iniziato a far arrivare a Napoli grandi campioni. Con lui ho avuto un buonissimo rapporto, alla fine l’ho avuto anche in Cina. Mi sono trovato bene, ho visto altri modi di vedere il calcio. Tutti sappiamo della questione legata al mio minutaggio all’epoca però sono un professionista, sono pagato anche tanto e ho sempre accettato le decisioni dell’allenatore. Non ho mai fatto discussioni per una sostituzione o per gare che non giocavo. Sono scelte dell’allenatore che un calciatore deve accettare”.
Con l’avvento di Rafa c’è il passaggio del testimone per quanto riguarda la fascia da capitano con Paolo Cannavaro che la dà a te
“Sono storie strane, non ero uno che si andava a cercare le fasce nel Napoli o nella Slovacchia. Erano fasce che mi sono state date da campioni, dalla società, dal club. Ero uno che ci teneva alla maglia, l’ho sempre dimostrato e dichiarato, questa era la forza dell’uomo più che del calciatore. Un leader, per come lo intendo io, non è quello che va in campo e sgrida o fa gesti. Sono un leader, come sempre si è detto, silenzioso che si fa seguire. Uno professionista che si comporta nella maniera giusta come calciatore ed uomo”
La vittoria nella Supercoppa di Doha riscatta quanto successe a Pechino sempre con la Juve
“Quando vinci un trofeo è sempre una giornata speciale. Alzare questa coppa come capitano del Napoli, contro una rivale storica, è sempre speciale. Purtroppo si giocò a Doha ed i festeggiamenti con i tifosi non furono come quando vincemmo la Coppa Italia nel 2012”
Nel 2014 il Napoli vinse la seconda Coppa Italia dell’era De Laurentiis. Una gara che si giocò in un clima surreale per l’omicidio di Ciro Esposito. Come avete vissuto quelle notizie che si rincorrevano nel pre gara?
“Sono episodi dove non ti puoi preparare, fu davvero una cosa inaspettata per tutti noi. Una cosa brutta, una cosa difficile da gestire ma alla fine si scelse di giocare. Uno deve pensare a quello che deve fare in campo dimenticando tutto il resto. Sul campo non si portano dietro problemi di casa, amicizie e di cose fuori allo stadio anche se sono episodi che non dovrebbero mai succedere. Volevamo dedicare quella vittoria a Ciro”
Con Sarri si giocava a due tocchi. Quanto ti sei divertito sotto la sua gestione?
“Ho sempre detto che sono stati i migliori anni della mia vita calcistica, mi sono goduto un calcio totale. Sono stati anni straordinari, mi sono goduto il calcio ai massimi livelli"
In quel periodo venne a farvi visita Diego Maradona a Castel Volturno. Cosa hai provato quando si è avvicinato verso di te che eri il capitano e cosa ti è rimasto dentro di quella visita soprattutto dopo che il campione argentino ci ha lasciato
“Di Diego è anche difficile parlarne perché è un simbolo, un Dio per Napoli. Fu emozionante stringergli la mano e scambiandoci due parole. Per lui era difficile anche muoversi perché ricordo che a Castel Volturno venne con una quarantina di carabinieri. Tutti volevano foto, autografi oppure stringergli la mano e per Napoli non poteva girare.Era un po’ un casino per lui. E’ stato incredibile, è stata la prima volta che ho visto un simbolo del Napoli”
Hai eguagliato e poi superato il numero di gol di Diego nel Napoli. Sembrava quasi fosse un traguardo stregato perché quella rete sembrava non arrivare mai. Come hai vissuto tutto questo?
“Napoli aspettava solo quel gol mio, ci sta che fosse un po’ stregato quella rete. Non è fu facile. Quando arrivò fu bellissimo essere capocannoniere del Napoli superando Diego sono cose speciali personali che si sono goduti anche i tifosi azzurri”
Ti mostro la foto di Cholito Simeone dopo quel Fiorentina-Napoli. Si dice che, mentalmente, pesò su di voi il famoso episodio di Pjanic in Inter-Juventus della sera precedente. Perché ci fu quel crollo emotivo?
“Non penso sia stato principalmente l’episodio che hai menzionato. E’ stato sicuramente un episodio che ha potuto cambiare qualcosa, ma siamo noi che siamo scesi in campo il giorno dopo a Firenze. Più che l’episodio di Pjanic, è stata purtroppo l’espulsione di Koulibaly che ci ha fatto crollare il mondo addosso”

Dopo Sarri arrivò Ancelotti: la tua reazione alla notizia dell’arrivo di uno dei più grandi allenatori del calcio italiano e non solo e come nacque l’idea di farti giocare regista
“Ero contento di avere Ancelotti. Una persona straordinaria, un uomo positivo, sorridente e pronto a dare mano alla squadra. Con lui ho vissuto 6 mesi, ma ero strafece di farli. Lui credeva nel 4-2-3-1 o 4-3-3 spostandomi più dietro, non ho avuto problemi perché fa parte del mio Dna calcistico, avevo le qualità per fare il regista. Era un ruolo che mi è anche piaciuto”
Nel periodo Ancelotti hai però rischiato di andare via ad inizio stagione dove già si parlava di offerte dalla Cina. Poi, successivamente, scegli di lasciare Napoli
“Con i cinesi fu una trattativa non semplice, durò praticamente tutto il mese di gennaio. Fu una scelta non facile, ma che rifarei perché era un’offerta difficile da rifiutare”
Il tuo addio al Napoli sancisce il passaggio di fascia da te a Lorenzo Insigne: gli dicesti qualcosa? Tra voi due c’è un simpaticissimo siparietto nel ritiro di Dimaro in cui tu, scherzosamente, apostrofi Lorenzo con un’espressione tipica napoletana
“Quel siparietto nacque per gioco tra me e lui, con Lorenzo ho un rapporto speciale. E’ uno scugnizzo napoletano, ha fatto la gavetta per giocare nel Napoli, ci teneva tantissimo alla maglia azzurra. Ha fatto cose importanti e sono molto felice per lui. Quella fascia se la meritava”
Sei un’icona della Slovacchia sotto tutti i punti di vista avendo giocato Mondiale ed Europeo, le tue lacrime all’addio alla nazionale fecero il giro del mondo. A proposito, ma è vero che contattasti l’attuale CT Calzona per proporgli la panchina mentre era dal benzinaio?
“Le lacrime in nazionale furono speciali perché ho stabilito il record di presenze, ho giocato tanti anni con la Slovacchia. Fu una bellissima serata che mi resterà nel cuore. Ho giocato un Mondiale battendo l’Italia, ho partecipato a due Europei da calciatore e uno da staff. Quando chiamai Calzona, lui mi disse che era dal benzinaio. Gli chiesi se fosse interessato a diventare Ct della Slovacchia e dopo 5’ mi richiama dandomi l’ok”
Ci spieghi come è nata l’idea di seguire il corso a Coverciano da allenatore e se hai già un modello di riferimento
“Ho avuto l’idea di allenare quando ero al Trabzonspor dove avevo tanto tempo libero e non avevo la famiglia dietro. Vedendo le gare dei miei due figli Christian e Lucas, mi dissi che avrei voluto allenarli per dargli qualche dritta. Quando ho finito il mio contratto in Turchia, sono diventato allenatore di mio figlio più grande Christian per 2 anni mentre questa estate mi prenderò Lucas”
Possiamo dire che tra i tuoi sogni un domani c’è quello di allenare il Napoli?
“Allenare il Napoli è qualcosa di troppo grande per me adesso. Sicuramente nel mio futuro c’è la volontà di allenare una prima squadra. La cosa principale nella mia testa è far crescere i miei figli e, quando loro avranno una certa età, mi butterò nel calcio che conta. Devo fare tutto step by step. Magari negli anni potrei diventare anche un grande allenatore, ma serve tempo”
Ti mostro la foto del quarto scudetto con il Maradona in festa. C’è un film di Totò che si chiama “Un turco napoletano”, possiamo dire che tu sei uno slovacco-napoletano? Cosa vuoi dire a chi utilizza ancora stereotipi verso la città ed i napoletani?
“Sono uno slovacco napoletano, Napoli è la mia seconda casa. Sono strafelice per i due scudetti. Napoli è una piazza, una città, un club che se lo merita. Nei festeggiamenti per il quarto scudetto si è visto come nessuno nel mondo sa festeggiare come i napoletani. Sono moto contento per noi…Sempre forza Napoli”

Ti aspettavi l’addio al calcio di Mertens?
“Mi ha inviato un messaggio incredibile. Non me lo aspettavo, sono onorato di poter chiudere la carriera con questo scugnizzo napoletano. Dries con la cittadinanza onoraria fa davvero parte della città e del popolo napoletano. Uno straordinario calciatore, uno straordinario uomo con cui ho un rapporto speciale”
Abbiamo iniziato questa lunga intervista mostrando le foto della tua famiglia e di te bambino. In chiusura adesso mostriamo quella di te con tua moglie Martina: quanto è stata importante nel tuo percorso di vita? E da padre, quali sono i valori che cerchi di trasmettere quotidianamente ai tuoi tre figli?
“Dietro un grande uomo c’è sempre una grande donna, senza Martina non sarei nessuno. Posso solo dirgli grazie per quanto ha fatto per me ed i nostri figli, non è facile essere accanto ad un calciatore famoso. Stiamo crescendo i nostri tre figli in maniera normale. I valori che gli abbiamo insegnato sono il rispetto ed il duro lavoro. Se uno vuole fare strada nello sport oppure nella vita deve fare sacrifici, essere sempre rispettoso e lavorare sodo”
Ti abbiamo mostrato tante foto della tua carriera. Qual è quella che vorresti scattare in futuro?
“Non parlerei di me, ma dei miei figli. Ai maschi auguro di fare quello che ho fatto nel calcio. Loro stanno giocando e vogliono diventare calciatori, hanno talento per farlo ma non sarà facile. Per Melissa, che è la principessa di casa, ci sarà sempre il nostro supporto ogni volta che ne avrà bisogno”
Il tuo messaggio a chi ha condiviso con te questa splendida carriera
“Ringrazio la città di Napoli, i tifosi, tutti gli allenatori, i compagni di squadra, lo staff medico, i magazzinieri, il Presidente e tutti coloro che sono stati intorno a me e mia famiglia perché mi hanno formato prima come uomo e dopo come calciatore. Sono stati importanti per la mia vita. Gli dico grazie per questo viaggio vissuto insieme. Sono stato onorato di averli avuto accanto a me e non li scorderò mai”
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